Questo libro racconta l’architettura di una città.
Assume come centro dell’orbita edifici e strade, ne sonda i rapporti reciproci, le relazioni col suolo e con le acque. Esplora le ragioni della forma urbana e il loro avvicendarsi nel tempo, perché le buone città – proprio come gli edifici più antichi – non possono mai considerarsi fatti compiuti e la loro fortuna risiede nella possibilità di agire sul costruito e sulla variazione dei tipi, modificando le cose affinché rispondano di volta in volta ad esigenze diverse.
È il caso di Palermo che fonda la ragione della sua esistenza su un’orografia articolata e deve la sua sopravvivenza alla distribuzione stessa e all’obliterazione della sua memoria.
Il termine ‘singolarità’, nel campo delle scienze matematiche, si riferisce ad un punto in cui l’ente di riferimento (ad esempio una superficie geometrica) degenera, perdendo parte delle proprietà di cui gode nel resto della funzione; in questi termini non sarebbe un azzardo ricorrere al concetto per riferirsi alle numerose ‘singolarità altimetriche’ presenti all’interno del tessuto di Palermo, luoghi in cui si produce una forte discontinuità verticale nella natura geologica del suolo e nell’architettura della città, indicando eloquentemente orazioni di modificazione del suolo urbano. Alcune di queste ‘singolarità’ si individuano su vaste aree e interessano gruppi di edifici o interi isolati, altre rimangono circoscritte in aree più piccole e a volte coinvolgono i singoli edifici, altre volte solo una parte di essi.
La navigazione non strumentale necessita tuttavia di un sistema di riferimento, ovvero di punti cospicui; si tratti di luoghi facilmente identificabili che permettono, con poco margine di errore, di stimare la propria posizione e rotta. È probabile che il fortunato sviluppo che ha avuto l’approdo di Panormo sia dovuto in part all’esistenza del monte Pellegrino, che elevandosi seicento metri a picco sul mare, isolato dalla cortina montuosa che cinge la Conca d’Oro, risulta essere uno dei punti cospicui più importanti della Sicilia occidentale, rilevabile a grandi distanze su un angolo ampio sia per chi procede lungo la costa (dal Mediterraneo occidentale o da sud, dopo aver doppiato capo San Vito, o dallo Stretto di Messina), sia per chi proviene da nord (che rileverebbe monte Pellegrino subito dopo aver lasciato a poppa l’isola di Ustica).